La bellezza della distruzione

L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile (Hubert Reeves)

Il primo comandamento di Magnus Gjoen sembra l’ambivalenza, l’essere contemporaneamente più cose: un creatore di sogni e nello stesso tempo un iconoclasta, un cultore della tradizione artistica ma anche un suo dissacratore. La purezza espressiva delle sue immagini si contrappone o unisce a una dimensione oscura e trasgressiva di grande impatto che attinge dalla street e dalla pop art. Scarafaggi, teschi, cuori, granate, mitragliatrici e figure umane si fondono con capolavori pittorici del passato o con i motivi blu delle ceramiche di Delft, per creare uno scenario che allude a quell’impercettibile e sottile legame tra la memoria e l’innovazione, tra il sacro e il profano. Le sue opere mixed media sono icone della fragilità umana, in bilico tra disciplina e desiderio, bellezza e distruzione. Visioni del mondo che si muovono in un rapporto di scambio storico con il tempo, per coinvolgere l’osservatore in un intricato gioco tra realtà e apparenza.

Magnus Gjoen, nato nella capitale inglese da genitori norvegesi, ha studiato fashion design a Londra e all’Istituto Marangoni di Milano. Ha lavorato nella moda, alla corte della dama del punk Vivienne Westwood, prima di intraprendere la carriera di artista. Un background che ha contribuito a rendere inconfondibile la sua cifra stilistica. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo e appese nelle case di personaggi come Kate Moss.

di Francesca Londino

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