Sappi che noi giocattoli vediamo tutto! (Woody in Toy Story)
La creazione è anche una questione di tempi e Laurie Simmons lo sa bene. I tempi lunghi della realizzazione di allestimenti coreografici capaci di generare meccanismi di riflessione. I tempi brevi dello scatto fotografico. Il suo lavoro è un procedere per infinite prove, fino al raggiungimento del giusto equilibrio estetico.
Bambole o entità inanimate simili a esseri umani sono il cardine rincorrente su cui poggia la definizione di questo equilibrio. Sin dagli esordi, Laurie Simmons si è impegnata a demistificare il reale, con approcci psicologici, politici e concettuali, per mettere in evidenza nuove visuali sul rapporto tra universo femminile e habitat costruiti, attraverso tableaux e film che toccano corde profonde dell’esistenza. Partendo dai set fotografici degli anni Settanta, all’interno di doll-house che ripensavano i rigidi ruoli di genere dell’epoca, l’artista è approdata a una produzione visiva che apre nuove strade di esplorazione sulla costruzione dell’identità, attraverso il soggetto-oggetto bambola. Lo dimostrano ampiamente due importanti corpus di ritratti: Kigurumi, Dollers e How We See (2014) che prende spunto dal cosplay e The Love Doll: Days 1-30 (2009-2011) con sex dolls realistiche, in lattice a grandezza naturale, come modelle. Immagini emotivamente intense, attraversate da un inquietante senso di dislocazione, che contribuiscono a sottolineare la dipendenza degli adulti da fantasie, stereotipi e feticci culturali.
Laurie Simmons, artista visuale e filmmaker, esponente di spicco della Pictures Generation, nasce a Long Island nel 1949. Vive e lavora a New York. Le sue opere sono raccolte nelle più importanti istituzioni museali del mondo, tra cui il Met, il Whitney Museum of American Art, il Solomon R. Guggenheim Museum, il MoMa, il Centro Internazionale di Fotografia (NY), il Philadelphia Museum of Art, il Museo Stedelijk di Amsterdam, il Museo di Israele, il 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa. Giappone.
