L’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere l’assurdo (Søren Kierkegaard)
Guardare le opere di Victor Castillo significa entrare in contatto con storie apparentemente infantili e innocenti. In realtà, dietro le accese pennellate di colori acidi, dietro visioni disneyane che parlano ma sembrano non dire, premono importanti istanze socio-culturali. Gli obiettivi polemici sono la cieca brutalità dell’avidità, gli eccessi dell’iperconsumismo dionisiaco, gli abusi di potere.
Il lavoro di Victor Castillo (definito poesia politica), con humor dissacrante, sfida le ingiustizie, contesta la crudeltà, si interroga sul flusso della vita e diventa specchio limpido di un’umanità che si nasconde dietro fragili maschere di stabilità. I suoi dipinti, irresistibili come i fumetti rétro, inquieti e ironici come le migliori black comedy, graffianti come manifesti, esprimono inquietudini universali attraverso buffi personaggi in lotta con l’insensibilità, il paradosso e le contraddizioni del mondo. Una sorta di dialettica tra abisso e rinascita sta alla base del suo modus operandi: svelare gli assurdi e stimolare riflessioni costruttive. E la sua revisione critica è totale, dalle tematiche etiche alle strategie della manipolazione di massa.
Victor Castillo nasce a Santiago del Cile, lo stesso anno in cui il suo paese si svegliò sotto la dittatura militare. Inizia a disegnare ossessivamente all’età di cinque anni, ispirato dai cartoni animati, dai film di fantascienza e dalle copertine dei dischi. Dopo aver studiato alla Catholic University del Cile da cui viene espulso, si trasferisce in Spagna, dove afferma il suo stile pittorico. I suoi lavori sono stati esposti in giro per il mondo. Ha anche creato murales in luoghi simbolici degli Stati Uniti, del Cile, di Milano, Barcellona e Istanbul. Vive e lavora a Los Angeles.