John Currin

Non c’è peggior pornografia di quella sentimentale (Ennio Flaiano)

Nell’autunno 2021 la galleria newyorkese Gagosian ospita Memorial di John Currin. I recenti oli su tela confermano quanto la “controversia” insita nelle opere dell’artista americano risulti, ancora una volta, capace di far discutere. Gli spazi espositivi della Gagosian sono esageratamente scarni: così, l’occhio dello spettatore non ha scampo e resta accecato dall’ipersemantizzazione messa in atto da Currin. Gli argomenti trattati in Memorial sono talvolta licenziati come degeneri e perversi oppure tacciati di un futile e fin troppo palese ritorno all’antico. Il repertorio classicheggiante da cui attinge l’artista è piegato alla pornografia più mainstream, capace di suscitare l’attenzione dell’amateur mediocre? Probabilmente, quest’ultimo concetto, essenzialmente tautologico, esprime tutto ciò che il lavoro di Currin non è. A differenza dalla produzione precedente, “bloccata” in un tavolozza impressionista e rococò e consacrata al successo grazie all’esposizione presso il Museum of Modern Art di New York nel 1997, in Memorial si assiste all’assoluto affrancamento della dittatura ispiratrice di Norman Rockwell. Al contempo, Currin si emancipa dai riferimenti iconografici all’universo editoriale più pop: niente Cosmopolitan, né vecchi numeri di Playboy. Certo, la “nuova” arte di Currin non è improvvisamente diventata anti-pop… così come non è neppure definibile volgare, disgustosa e repellente. C’è chi reputa le opere di Memorial prodotte da un artista che possiede la sensibilità di un ragazzino di quattordici anni. È necessario ricordare che, già nel 2006, Currin “tira fuori” alcuni dipinti basati sulla pornografia danese: «più scadente è il mio materiale di partenza, più la mia immaginazione si libera», dichiara. Non giudica la sua una «tattica shock», perché in ogni scuola d’arte del mondo c’è qualcuno che fa porno. Dunque, Currin normalizza ciò che la società stigmatizza: non si tratta di un’operazione concettuosa, né tantomeno nuova. Eppure Memorial, ritenuta una serie a tema esplicitamente pornografico, risulta essere “qualcosa” di cui la società contemporanea non necessita. È piuttosto libidine bloccata nel tempo: icone ipermanieristiche tracciate a grisaille, tecnica pittorica adoperata da Giotto nella Cappella Scrovegni di Padova per la raffigurazione di Vizi e Virtù. L’esecuzione pittorica è eccellente: campiture uniformi e brillanti, contorni nettamente definiti. Ogni dettaglio anatomico possiede la forza del marmo, dai capezzoli alle vulve. Se il linguaggio di Currin è cinico, rivolto a ipermiliardari e puramente sensazionalistico, le sue donne, certamente ipersessualizzate, sono raffinate e mai laide o triviali. Una maniera avvincente e vincente, una potenza espressiva senza tempo.

John Currin nato a Boulder, in Colorado, vive e opera a New York. Da adolescente prende lezioni dall’artista russo-americano Lev Meshberg. Tra il 1984 e il 1984 studia discipline artistico-visuali presso l’Università Carnegie Mellon di Pittsburgh prima e l’Università di Yale poi. Alcune sue opere costiuiscono parte delle collezioni permanenti dell’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington e della Tate Gallery di Londra.

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redattrice libidodocta mag